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La pittura di Monica Frisone è sorprendente ed incantevole: è la ricchezza dell'inconscio della giovane pittrice che traspone perfettamente sulla tela ora un'emozione intensa ora la voce dolce di un romanticismo che mette in sintonia i sensi con il cuore. La Frisone possiede la cifra rara del magico che infonde grande forza estetica alle opere e dà libero corso ad un'energia che origina la piacevolezza che cattura lo sguardo. E' la grazia delle protagoniste, vere icone di stile, immortalate sulla tela come su un set cinematografico o nel backstage di una sfilata o al party più esclusivo.

Una pittura cosmopolita in cui le immagini femminili prendono vita per raccontare il loro tratto distintivo, il loro lato fashion. Un lavoro brillante, in splendida progressione, dall'impatto sofisticato e glamorous.

 

 

Dott.ssa Giorgia Cassini

Direttore artistico Padiglione Italia 54.Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia

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Il simbolo e il sembiante

Teoria del paradosso nell’arte di Monica Frisone

 

E’ fremito di vita che gioisce, respiro che dilata l’esiguo confine della tela; manifestazione di forme cui il colore, dinamico, s’accende a farsi allusivo d’un moto che pertiene alla mente e all’anima.

Immanenza dello spirito, levità d’una mente pensante: questo il paradosso tutto femminile di che esiste l’arte di Monica Frisone. Così, profondando lo sguardo nei lavori ch’essa produce, accade d’esperire autentica scossa emotiva, folgorazione indotta dalla potenza cromatica delle singole opere, frammenti dell’essenza dell’artista che, accostati, ricreano nell’occhio di chi guarda una percezione di unità tale da incantare.

Palese il lungo, estenuato tirocinio con matite e pennelli, come la contiguità con la dimensione grafica e quel dialogare vibrato con una tavolozza che è vivida di cromie pure, a declinare l’armonia di forme che proprio nella chiarità prendono vita, splendendo d’un nitore che è vibrazione all’anima, seguendo una progressione estetica esperita per sottrazione, a ricercare l’essenziale, quello stesso che sovente sfugge agli occhi e che solo il cuore è in grado di cogliere, fedele l’artista al precetto di un’arte che non sia mimetica, come didascalica, bensì espressione d’una funzione intellettiva rispetto alle forme e ai colori del vero.

Rinunciando alla speranza di ritrovare nel mondo fenomenico il quadro già composto, ella, creando, sperimenta come e quando la verità dell’arte sia lungi dalla contraffazione del vero. Anarchica e libera, quella, d’essere come di significare.

Desiderio d’essere vita; vita che si comunica nel gesto, che s’annida nello sguardo; vita di che si coglie la verità profonda nell’universo minimo e vasto al tempo stesso che è del volto. Volto, quale maschera a dire, silenzioso, dei moti non veduti dell’anima. Ed è un continuum tra ciò che appare e la realtà concreta che è retrostante. E, davvero, ciò che si mostra richiama un aliud che gli sta dietro. Così che il sembiante sempre conserva la natura del simbolo, in sé custodendo la potenza dell’invisibile cui è indissolubilmente legato.

E volto, col suo sembiante, certo non è superficie vaga di profondità priva, ma sigillo d’un potente contenuto che preme l’artista a che sia detto, nel modo silenzioso della pittura. E dietro il nitore, che è della luce, palpita il sole d’una comprensione fonda delle cose, che s’irradia e attraverso la tela seduce, gravida d’infinite significazioni, a ribadire come non vi sia soluzione di continuità tra ciò che è visibile e ciò che è reale, tra l’apparire e l’essere.

“Ethos anthropoi daimon”, sosteneva Eraclito. E davvero il carattere di un uomo è il suo destino, il suo stesso demone che balena nel guizzo d’uno sguardo, nelle espressioni molteplici dei volti di donna ritratti da Monica Frisone. Volti, come archetipi d’una realtà durevole e potente, a schiudere la soglia d’un mondo altro.

E quel simbolo, quella potenza, quell’aliud inespresso e silenzioso, che si cela dietro il volto, che s’annida nello sguardo, plasmandosi nel gesto, a rammentar con Nietzsche come tutto ciò che è profondo ami la maschera1, poiché vi è un segreto sottile, che dimora nella vita delle cose. Verità velata e fonda, che a pochi è dato cogliere, intuendo noi come verità, sempre, ami nascondersi.

 

Patrizia Valdiserra

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1    F. Nietzsche, Al di là del bene e del male

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